La Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Mariastella Gelmini, ha presentato lo scorso 17 giugno alla Camera dei Deputati le possibili linee di riforma per il settore universitario. Gli interventi proposti dalla Ministro Gelmini possono essere classificati in tre gruppi: maggiori investimenti per i giovani di talento (diritto allo studio e dottorandi); razionalizzazione del settore (riduzione del numero di corsi di laurea, nuove procedure di reclutamento per i docenti ed i ricercatori); più intensa attività di valutazione (pubblicazione on line dei dati sulle prestazioni delle università). Tutte e tre le linee di intervento rispondono adeguatamente all’esigenza già da più parti espressa e a più riprese emersa, di una riforma del sistema universitario. Per quanto riguarda il tema della valutazione la Ministro sceglie di pubblicare i risultati delle valutazionie via web, in sintonia con quanto, da tempo, numerosi sistemi universitari in diversi paesi europei ed extra-europei stanno già facendo. Su questo punto, tuttavia, occorre precisare che tale pubblicità delle valutazioni dovrebbe riguardare anche la produzione scientifica dei docenti – infatti, le valutazioni qualitative effettuate dal CIVR sul triennio 2001-2003 sono già disponibili on line. Secondo la Gelmini, in questi anni, l’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione) istituita dal precedente governo, ha dimostrato "di essere una costosa struttura con un alto tasso di burocrazia e rigidità, destinata a controllare anche i più piccoli meccanismi e procedure, caricata di eccessivi compiti che non potrebbe svolgere se non in tempi molto lunghi". In verità, da quando è stata annunciata l’ANVUR, dal precedente governo, le attività di valutazione del CNVSU e del CIVR si siano, nei fatti, interrotte. Mentre la politica decide, sarebbe bene che le valutazioni qualitative della produttività della ricerca (CIVR) ed il lavoro annuale del CNVSU riprendessero a pieno ritmo e su questo, con semplici interventi, la Ministro Gelmini potrebbe dare operatività immediata: “Intendo innanzitutto rivendicare e attuare un forte ruolo di regia e di coordinamento del MIUR su tutte le attività di Ricerca che si svolgono o si progettano nel sistema Paese – ha spiegato il Ministro – e delle sue connessioni con la Ricerca internazionale, in primo luogo europea. Per rendere competitiva la ricerca bisogna in primo luogo mapparla, razionalizzarla e darle coerenza. Servono quindi una riorganizzazione della ricerca, una razionalizzazione delle risorse, l’istituzione di nuovi criteri di valutazione, il coordinamento e la finalizzazione verso obiettivi strategici”.La Ministro Gelmini insiste in particolare sulla frammentazione della ricerca italiana, intendendo combatterla attraverso una nuova gestione del suo controllo e del suo finanziamento” e, per spiegare la situazione di confusione e di mancato coordinamento tra ricercatori che penalizza primariamente essi stessi e in ogni caso il “sistema” di sviluppo italiano la Ministro ricorre ad un esempio tra tutti, la ricerca marina: “Oggi, presso il MIUR oltre alla Ricerca univetrsitaria sono presenti a svolgere attività di Ricerca anche marina il CNR, lìINGV, l’OGS, la Stazione Zoologica e, presso altri ministeri, l’ENEA, l’ICRAM l’APAT e una serie di consorzi di Ricerca per la pesca, una sfilza di Istituzioni regionali per lo più collegate alle ARPA e da ultimo alcune Società scientifiche che hanno ottenuto finanziamenti per svolgere Ricerca in prima persona, appoggiandosi alle università e/o cooperative. Tutti questi attori si muovono indipendentemente e senza alcun coordinamento sia a livello nazionale che internazionale”. Bisogna quindi “Porre fine a duplicazioni, ridondanze, incoerenze di indirizzo e d’obiettivo. Occorre valutare realisticamente gli effetti negativi di queste dinamiche in termini di pura e semplice competitività del sistema, in ultima analisi, di sostenibilità economica”. Un recente rapporto del Prof. Corselli, Presidente del CoNISMa, pubblicato in anteprima al numero due della Gazzetta Ambiente in questi giorni, punta il dito proprio contro queste problematiche, mettendo a confronto le realtà internazionali sugli investimenti in ricerca nel mare e negli oceani. La spesa italiana in tale campo è assai inferiore a quella degli altri paesi dell’Unione Europea e si fonda su iniziative non coordinate di università ed enti di ricerca che, pur dotati di ottime capacità scientifiche, non possono contare su di una strategia nazionale per la gestione della risorsa Mare.Ormai non vi sono dubbi: le proposte offerte da parte della comunità scientifica devono essere necessariamente recepite a livello politico per dare un nuovo indispensabile impulso alla ricerca italiana, in particolare ci riferiamo a quella marina, che va sempre più acquistando un ruolo strategico nell’economia sostenibile del nuovo millennio.
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